Alberto Giacomini

2 Giugno 1995, il Presidente della Repubblica Oscar Scalfaro: 
“Signor Alberto Giacomini qual è il suo più grande merito?”;
–  “Aver fatto la quinta elementare”.

Questa è la risposta che Alberto Giacomini diede al Quirinale il 2 giugno del 1995 quando, dopo essergli già stata conferita l’onorificenza di Ufficiale dal Presidente Sagarat nel ’71 e poi nel ’76 quella di Commendatore da Giovanni Leone, il Presidente della Repubblica Scalfaro insieme al Ministro dell’industria del commercio e dell’artigianato Clò lo iscrissero nell’albo dei Cavalieri del Lavoro al n. 2285 foglio 216 vol.1. Documento che riportava che il Sig. Alberto Giacomini aveva facoltà di fregiarsi delle insegne stabilite per tale ordine per essersi reso singolarmente benemerito nel campo dell’industria termotecnica.

Quel giorno ero presente insieme a tutta la famiglia e gran parte dei nominati a quella stessa domanda rispondevano vantando il numero di dipendenti che avevano, la loro quantità di aziende e società e gli innumerevoli titoli di studio, mentre Alberto diede la risposta che a mio avviso sintetizza l’umiltà della sua persona, il suo approccio umile al lavoro e la sua solidarietà verso tutti gli operai di cui si è sentito sempre parte insieme alla sua continua sete e volontà di imparare con la consapevolezza di avere sempre qualcosa di nuovo da apprendere osservando le persone al lavoro, che si trattasse di un lavoro semplice ed umile oppure più complesso e blasonato non faceva differenza.

Fin da bambino mi raccontava di passare lunghe ore ad osservare dallo scalpellino al calzolaio quando lavoravano ponendo loro moltissime domande su quello che stavano facendo e su come lo stavano facendo.
Alberto Giacomini era il terzogenito di una umile e povera famiglia di 7 figli, figlio di uno scalpellino, Giuseppe Giacomini e di Giuseppina Fortis. La madre per aiutare la famiglia, nel poco tempo libero a disposizione, faceva la sarta per cercare di arrotondare le entrate. La sua famiglia non aveva nessun tipo di animale, che ai tempi era sinonimo di tranquillità economica e possibilità di sfamare la famiglia, per cui, come lui raramente e solo dietro insistenza mi raccontava, sulla stufa a legna in cucina veniva messo un pentolino di acqua a bollire dove man mano veniva aggiunto per insaporirla quello che la famiglia, a seconda delle giornate, riusciva a racimolare. Questo era il pasto a cui si poteva attingere durante la giornata.
Le stanze a disposizione della famiglia erano così piccole che costringevano loro bambini a dormire in coppia nello stesso letto, lui dormiva assieme a Mario Giacomini.

Essendo un bambino precoce e attivo, tra i 6 e gli 8 anni si mise a disposizione della famiglia portando al pascolo le capre di altri al fine di recuperare del cibo da portare a casa, oppure in alcuni casi semplicemente degli oggetti o abiti usati con cui allora si era soliti pagare il lavoro. La sua prima giacca da bambino fu infatti una giacca squarciata sulla schiena che gli venne data come retribuzione e che fu rammendata con un grosso 7 sulla schiena da sua madre.
Frequentò la scuola fino alla terza elementare nel comune di Boleto ripetendo due volte i primi anni perché il padre Giuseppe per non avere i figli liberi sulla strada o a casa era solito non farli presentare agli esami di fine anno così da far ripetere loro l’anno e averli al sicuro a scuola.
Alberto ad un certo punto si oppose a questa volontà del padre chiedendo di andare a svolgere le classi 4^ e 5^, che si trovavano però solo a San Maurizio, cosa che implicava il dover percorrere a piedi in mezzo ai boschi circa 5 km ad andare e 5 km a tornare. Lui stesso infatti mi raccontava che per alleviare un po’ la faticosa salita per rientrare a casa era solito lasciare i libri e quaderni a scuola e svolgere i compiti a scuola al mattino o prima di rientrare.
Quando finì la 5^ elementare, unico tra i fratelli e migliore nella scuola, la maestra segnalò la possibilità, visto le capacità, di far proseguire gli studi ad Alberto. Era stato infatti decretato in quegli anni sotto il regime di Mussolini che i soggetti migliori delle famiglie non agiate potessero proseguire gli studi a spese dello stato. La segretaria fascista di zona si presentò a casa indicando ai suoi genitori che Alberto era stato prescelto per poter continuare gli studi, ma Giuseppe rispose che i suoi figli erano tutti uguali, per cui “o tutti bravi o tutti asini” per cui se non avessero avuto tutti la stessa possibilità non l’avrebbe avuta nessuno di loro.

Questo concetto fu ammirato, apprezzato e perfettamente compreso da Alberto tanto che portò avanti questo principio di eguaglianza in famiglia tutta la sua vita.
Dopo aver lavorato in una piccola azienda di rubinetti ad Alzo dall’età di 12 anni, dove per poter arrivare al tavolo di lavoro data la sua statura si serviva di una cassetta di frutta rovesciata, il 6 gennaio del 1951 fondò la A. Giacomini Spa grazie al prestito di una zia che vendette un terreno per dargli 150 mila lire con le quali comprò un tornio, un trapano a colonna usati ed un cuneo e ad Alzo nella stalla della zia di 3 metri per 2 installò la sua officina di produzione. Negli anni che vennero a seguire chiamò man mano a lavorare con sé e con la moglie Adua i suoi fratelli Gino, Gianni, Mario e Piero. La sua capacità tecnica e imprenditoriale, pur essendo nato e cresciuto in un paesino e facendo le consegne in zona con una vespa 3 ruote cassonata, lo portarono già alla metà degli anni ‘50 ad andare in Germania, quella che allora era la considerata la “tana del leone” in tutto il mondo per competenza tecnologica e ben presto iniziò a vendere con orgoglio con il suo marchio e il suo nome italiano, fondando anche una filiale quando in quell’epoca gli altri concorrenti italiani per vendere in Germania utilizzavano un nome tedesco o producevano per marchi tedeschi.

Con lo stesso spirito nel ‘58 si recò in quello che già allora riteneva il più grande mercato al mondo, ovvero negli Stati Uniti ed analizzando i rubinetti del gas o le valvole per le mandate antincendio dei grattacieli vide come, a detta sua, non erano tecnologici o innovativi in quell’ambito, e diede così vita già in quegli anni ad alcuni brevetti da lui personalmente studiati, che tutt’ora sussistono e che a lui, che aveva fatto solo la 5^ elementare, valsero il 20 febbraio del 1982 la Laurea ad Honorem in ingegneria meccanica all’Università Pro Deo di New York.
Dal 1958 alla fine degli anni ’60 aprì mercati e filiali commerciali di proprietà in Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, e Mosca. In quegli anni prese ripetutamente premi all’export dalla camera di commercio italiana, tanto che tutt’ora la Giacomini spa si può vantare di lavorare con 116 Paesi nel Mondo.

In quegli anni, sotto l’esempio del padre Giuseppe che avrebbe voluto poter dare a tutti i suoi figli di più rispetto a ciò che aveva, ma che li ha aiutati seppur malato di silicosi con il suo lavoro di scalpellino facendo loro le case per sopperire alle mancanze economiche, Alberto decise di trasformare la sua azienda nella Giacomini SpA. Prenotò il notaio e mandò il padre con i fratelli e la sorella a decidere la suddivisione delle quote pur essendo stato di fatto lui il fondatore e creatore dell’azienda ed essendo tutta sua, indicando al padre che se non fosse stato per lui e i suoi insegnamenti volti ad apprezzare, ammirare e imparare da ogni singolo e umile lavoro non avrebbe potuto fare nulla e consegnava quindi tutto a lui in maniera tale che lo ripartisse.
Questa decisione che nessuno di noi e nessuna persona nella stessa situazione probabilmente avrebbe preso ben spiega l’indole e lo spirito dell’uomo e dell’imprenditore Alberto Giacomini.